PATRIMONIO CANTATO

Canti di ingurie

Introduzione

In caso di rottura di un fidanzamento, i due ragazzi si restituivano i doni che si erano scambiati in tutto il periodo del loro legame affettivo. Non mancava qualche ragazza che si rifiutava di restituirli, giustificandosi così: “Io gli ho dato i baci e lui se li è presi, lui mi ha dato gli ori e io me li sono presi: allora gli restituirò i gioielli, quando mi avrà restituito i baci!” Questo non faceva che esacerbare l’animo dell’ex, sicché la ragazza doveva aspettarsi una reazione. Di solito il fidanzato tradito spargeva la notizia che la fanciulla era una poco di buono, allo scopo di non lasciar accostare altri pretendenti. E talora ricorreva pure alla serenata detta r’ ngiurie con cui sfogava tutta la rabbia:

Faccia r’ nu lémmutu scarrupàtu, 
nun te ì’ vantànne ca m’è lassatu…
  Faccia di un argine franato,
non vantarti che mi hai lasciato…

Ma la ragazza non se la teneva. Alla prima occasione gli rispondeva per le rime:

Va te fa fotte! Nu’ mme sì’ cchiù amante:
me sì’ scarut’a ra cor’e ra mente!
  Va’ a farti fottere! Non sei più il mio amato:
mi sei cascato dal cuore e dalla mente!

Nascevano così interminabili schermaglie canore, che assumevano toni sempre più accesi e offensivi. A pagare le conseguenze era sempre la ragazza, perché le calunnie sul suo conto trovavano credito nel paese, sicché rischiava di restare zitella, na zita rumàsta, cioè una fidanzata lasciata, quasi una cosa sfruttata e poi abbandonata.
Un tipo particolare di serenata di ingiurie era la macriàta (vd. c. 1), che colpiva i protagonisti della fujtìna. Esso era un canto di vilipendio improvvisato che faceva parte di un complesso rituale teso a svergognare pubblicamente la sposa. La fuga d’amore era ritenuta un atto di trasgressione alla morale comune, forse perché così la ragazza sfuggiva all’esposizione del lenzuolo e poteva nascondere il suo stato di non illibatezza.

Indice degli argomenti

  1. Canti di ingiurie di Bagnoli