PATRIMONIO CANTATO

Canti d’amore

Introduzione

Con i canti d’amore, intonati sotto il balcone dell’amata, gli adolescenti bagnolesi esprimevano i loro primi moti del cuore:

Quantu sì’ bbella, uocchi r’ viola,
quannu re ccali m’arruobbi stu coru!

Eseguita nelle serenate e nelle mattinate, la canzone d’amore accompagnava pure le fatiche nei campi, i lavori nei boschi, la raccolta delle castagne, il bucato (la culàta) nelle acque di Caliendo e nei lavatoi della Marotta o del Noceto.
Di conseguenza erano numerosi i canti d’amore che correvano sulle labbra dei più giovani a Bagnoli, e spesso pure in molteplici varianti. Le immagini più frequenti sono: la grazia della fanciulla, cantata ora come rosa colorita, ora come faccia d’angelo, ora come stella luminosa; ma l’innamorato canta soprattutto la bellezza degli occhi o della chioma: “Uocchinévera mia…”, “Truvai na nenna cu li ricci nfrontu”. L’amore è cantato ora come sentimento tenero e pudico: “Che bellu nomu tieni, ca Ninnu tu te chiami!” Talora come sofferenza e tormento:

Addù te scontu me scappa lu chiantu,
cunsumu nu maccatùru  a lu mumentu.

La maggior parte delle canzoni d’amore, anche se di importazione, comunque ha acquisito con il tempo i sapori e i colori della nostra terra. La gente di Bagnoli non ha recepito passivamente i canti, qualunque fosse la loro provenienza, ma vi ha lavorato sopra, con adattamenti al nostro dialetto, con aggiunte ispirate a fatti locali, con sostituzioni necessarie per riempire i vuoti di memoria, rendendoli alla fine testimonianza della nostra realtà locale, e quindi innestandoli nel filone della nostra tradizione culturale. Le varianti di questi canti sono il prodotto di una creatività collettiva della comunità bagnolese in tempi lunghi e insieme il frutto di poeti contadini improvvisatori.

Indice degli argomenti

  1. Canti d’amore di Bagnoli