PRATICHE MAGICHE

Pratiche magiche per esorcizzare un male futuro

Per scongiurare il temporale estivo (trubbéa)

La maggior parte delle janàre erano persone benefiche. Ricordo personalmente una janàra non malefica. Abitava in un basso, senza finestra e senza camino, situato in un vicolo oscuro. Rugosa, segaligna, non rivolgeva il saluto a nessuno. Campava con quello che le davano in cambio dei suoi scongiuri contro i lampi e le tempeste. Appena si addensavano le nuvole in cielo e diventavano oscure, usciva diretta a un querceto della periferia, armata di falce. Si arrampicava in cima alla collina e di là agitava la falce volta con la punta al cielo e recitava la formula. Un informatore (Gerardo Nigro) fu testimone oculare di uno scongiuro praticato da una nota fattucchiera di Bagnoli, Cuncetta r’ Marru, da tutti chiamata la Janàra (siamo agli inizi degli anni Cinquanta):

“Una volta io l’ho vista la janàra mentre esorcizzava il temporale. Ero sui pascoli con le capre, ma non mi vide perché stavo all’ombra di una siepe. Arrivò nel prato, mise tutto intorno le pietre e si piazzò dentro al cerchio. Poi si calò i lunghi capelli sugli occhi e prese a muovere la falce che impugnava nella mano destra, come se stesse mietendo. Nello stesso momento diceva parole che io non afferravo. Dopo andava dai contadini e diceva loro:
– Io ho mandato via il temporale, deviandolo sul monte Piscacca dove non può fare danni a nessuno. Dammi un pezzo di cacio. 

Mio padre a volte le dava un fiasco di vino, a volte le rispondeva sorridendo: 
– Vattene, va’, fetente!”